Morando Morandini / Film TV

I casi della vita m'hanno permesso di seguire la gestazione di tre film italiani, scritti e diretti da registi cui sono legato, in varia misura, da rapporti di amicizia e stima. Proposti a Venezia, sono stati rifiutati tutti e tre.
Ne ho visto soltanto uno: Mitraglia e il Verme, terzo film di fiction di Daniele Segre (1952) di cui sembra scontato dire i meriti di documentarista in un percorso quasi trentennale.
La sua casa di produzione torinese si chiama l Cammelli un nome che è un programma. è un cineasta indipendente e coraggioso, impegnato nella realtà italiana. Tollerato dai dirigenti della Rai che spesso mette in onda i suoi lavori, è oggi poco gradito alla sinistra ufficiale: troppo indipendente, dunque scomodo. è così controcorrente che nel momento in cui il documentario sta diventando una moda sul mercato, s'è messo a fare film narrativi, per giunta imperniati sugli interpreti. Dopo Vecchie (2002) con due meravigliose caratteriste, ha fatto un passo avanti con Mitraglia e il Verme dove sono in scena due cinquantenni, magnifici attori di carattere, Antonello Fassari e Stefano Corsi che hanno collaborato alla sceneggiatura.
è un film povero, girato in sette notti, bianconero, suono in presa diretta, ma ricco di emozioni e di agganci precisi con la realtà esterna. Nonostante la squallida ambientazione – un orinatoio a pagamento ai Mercati Generali – è senza volgarità. Come Vecchie, è girato con la cinepresa ferma, ma giocato sulla profondità di campo e scandito in tre atti. Vecchie è una tenera commedia di retrogusto amaro: Mitraglia e il Verme è un dramma durissimo, ma non impietoso, dai risvolti ilari. Capisco l'esclusione da Venezia perché conosco i componenti della commissione di selezione e le condizioni in cui lavorano, ma la loro è una toppata clamorosa come, mi auguro, il prossimo futuro dimostrerà. A proposito: tutti e tre i film bocciati non hanno ancora una distribuzione, cioè sono senza santi in paradiso.